Alle bambine ribelli di tutto il mondo: sognate più in grande, puntate più in alto, lottate con più energia. E, nel dubbio, ricordate: avete ragione voi.
In occasione dell’8 marzo, voglio proporvi un libro che ho trovato originale e ricco di spunti di riflessione, scritto da Elena Favilli e Francesca Cavallo, nato dal crowdfunding, diventato successo prima negli U.S.A. e ora approdato sui nostri scaffali.
È importante che le bambine capiscano gli ostacoli che le aspettano lungo il cammino. Ma è altrettanto importante che sappiano che questi ostacoli non sono insormontabili. Che non solo possono trovare il modo di superarli, ma possono anche rimuovere questi ostacoli per le bambine che verranno dopo di loro, proprio come hanno fatto queste grandi donne. Ciascuna delle cento storie raccolte in questo libro dimostra il potere insito in un cuore pieno di fiducia: è un potere in grado di cambiare il mondo. Noi ci auguriamo che queste pioniere coraggiose vi siano di ispirazione. Che i loro ritratti imprimano nelle nostre figlie la salda convinzione che la bellezza si manifesta in ogni forma e colore, e a tutte le età. Ci auguriamo che ogni lettrice comprenda che il successo più grande è vivere una vita piena di passione, curiosità e generosità. E che tutte noi, ogni giorno, ricordiamo che abbiamo il diritto di essere felici e di esplorare con audacia. Ora che questo libro è nelle vostre mani, proviamo solo speranza ed entusiasmo per il mondo che stiamo costruendo insieme. Un mondo in cui il genere non determinerà la grandezza dei nostri sogni o le mete che possiamo raggiungere. Un mondo in cui ciascuna di noi sarà in grado di dire con certezza: << Io sono libera>>.
Tra le 100 storie straordinarie presenti nel libro, ne ho scelte cinque da condividere con voi:
Anna Politkovskaja – Giornalista
Una volta, in Russia, molti libri erano proibiti. Alcuni di questi libri erano stati scritti da autori che una bambina di nome Anna amava. I genitori di Anna si procuravano i suoi libri preferiti di nascosto, in modo che lei potesse leggerli a volontà. La bambina crebbe e divenne una giornalista. Quando una parte della Russia, chiamata Cecenia volle separarsi dal resto del Paese per diventare una nazione indipendente, il governo russo mandò l’esercito per impedirlo. Scoppiò una terribile guerra. Anna decise che doveva scrivere. Voleva raccontare al resto del mondo quello che stava realmente accadendo in Cecenia. Ma al governo russo la cosa non piacque per niente. << Perché vuoi rischiare la vita? >> le chiese una volta suo marito. << Il rischio fa parte della mia professione >> rispose lei. << So che potrebbe succedermi qualcosa. Ma io voglio soltanto che i miei articoli rendano il mondo migliore.>> Accaddero molte cose brutte, ma Anna era coraggiosa. Una volta, dovette correre tutta la notte sulle colline cecene per sfuggire ai servizi segreti russi. Diverse persone, da entrambe le parti, volevano impedirle di raccontare la verità: qualcuno le mise persino del veleno nel tè, per provare a sbarazzarsi di lei. Ma nonostante questi pericoli, lei non smise mai di raccontare la verità su tutto ciò che vedeva. Anna continuò a rischiare la vita fino al giorno della sua morte, scrivendo la verità per rendere il mondo un posto migliore.
Eufrosina Cruz – Attivista e politica
C’era una volta una ragazza che si rifiutava di cucinare. Quando suo padre le disse che le donne erano capaci solo di fare tortillas e bambini, scoppiò in lacrime e giurò che gli avrebbe dimostrato che non era vero. << Vattene pure di casa, ma non aspettarti un solo centesimo da me >> le rispose il padre. Eufrosina se ne andrò e, per pagarsi gli studi si mise a vendere frutta e gomme da masticare per strada. Si diplomò in ragioneria, tornò a casa con un lavoro da insegnante e iniziò a dare lezioni alle ragazze indigene come lei, affinché anche loro trovassero la forza e le risorse necessarie per costruirsi una vita indipendente. Un giorno, decise di candidarsi sindaca della sua città. Ottenne molti voti, ma nonostante questo gli uomini della città annullarono il risultato delle elezioni. << Una donna sindaco? Volete scherzare? >> dissero. Furiosa, Eufrosina, si impegnò ancora di più. Fondò un’organizzazione chiamata QUIEGO, per aiutare le donne indigene a combattere per i loro diritti. Il loro simbolo era un giglio bianco. << Ovunque vado >> diceva << porto sempre questo fiore con me, per ricordare alla gente che donne indigene sono proprio così: naturali, bellissime e resistenti. >> Qualche anno più tardi, Eufrosina divenne la prima donna indigena a essere eletta presidente del Congresso di Stato. Quando la first lady del Messico venne in visita, Eufrosina camminò a braccetto con lei di fronte alla popolazione locale. Dimostrò a suo padre – e a tutto il mondo – che non c’è nulla che le forti indigene del Messico non possano fare.
Maria Montessori – Dottoressa e educatrice
C’era una volta un’insegnane che lavorava con i bambini disabili. Si chiamava Maria ed era anche una dottoressa. Invece di applicare i vecchi metodi di insegnamento, Maria osservava i bambini per capire come imparavano. Nella sua scuola, i bambini non era costretti a fare quello che gli diceva l’insegnante. Potevano muoversi liberamente e scegliere l’attività che preferivano. Le sue tecniche innovative si dimostrarono molto efficaci con i bambini disabili, così Maria decise di aprire una scuola per tutti i bambini dove avrebbe applicato gli stetti metodi. La chiamò “La Casa del Bambini”. Per la sua nuova scuola, Maria inventò dei mobili a misura di bambino: sedie piccole e leggere che i bambini potevano spostare facilmente, e scaffali bassi, per consentire loro di raggiungere le cose senza doverle chiedere a un adulto. Maria inventò anche dei giocattoli che incoraggiavano i bambini a scoprire il mondo in modo molto pratico e indipendente. Durante le sue lezioni, imparavano a slacciarsi e allacciarsi i bottoni della camicia, a trasportare un bicchiere d’acqua senza rovesciarlo, ad apparecchiare la tavola da soli. << Ai bambini dobbiamo insegnare a essere autosufficienti >> diceva. << Se sanno allacciarsi le scarpe e vestirsi da soli, proveranno quella felicità che è data dall’indipendenza.>> Il metodo di Maria Montessori è applicato ancora oggi in migliaia di scuole e aiuta i bambini di tutto il mondo a crescere forti e liberi.
Nellie Bly – Reporter
In un villaggio della Pennsylvania c’era una bambina che si vestiva sempre di rosa. Si chiamava Nellie. Quando suo padre morì, la famiglia dovette affrontare molte difficoltà. Così Nellie, ormai grande, andò a cercare lavoro per aiutare sua madre a sbarcare il lunario. Un giorno, Nellie lesse un articolo su un giornale locale. Si intitolava così: “Cosa è bene che facciano le ragazze”. Nell’articolo, le ragazze che lavoravano erano descritte come “mostri”, perché l’autore credeva che il posto delle donne fosse uno solo: la casa. Nellie si infuriò e scrisse un’appassionata lettera di protesta contro il direttore del giornale. Colpito dallo stile della sua scrittura, il direttore le offrì un posto come reporter. Nellie si dimostrò presto un’ottima giornalista investigativa. Si trasferì a New York e iniziò a lavorare per il New York World, un quotidiano diretto dal famoso Joseph Pulitzer. Una volta, finse di essere malata di mente e si fece internare in un manicomio per testimoniare il pessimo trattamento che subivano le pazienti. Nellie era temeraria, intelligente e compassionevole. Il giornale le propose una sfida. Jules Verne aveva scritto un romanzo di successo intitolato Il giro del mondo in ottanta giorni: Nelli avrebbe potuto farcela in meno tempo? Qualche ora dopo, Nellie aveva già preparato i bagagli ed era salpata dal porto di New York a bordo di un piroscafo. Viaggiando via nave, via treno e ance a dorso di un mulo, si impose un ritmo faticosissimo, mentre la gente scommetteva sul risultato della sua impresa. Alla fine, 72 giorni, 6 ore e 11 minuti dopo, Nellie torno a New York: ce l’aveva fatta!
Rita Levi Montalcini
Quando la sua tata morì di cancro, Rita decise d diventare una dottoressa. Era particolarmente affascinata dai neuroni (ciò di cui è fatto il nostro cervello), così, dopo la laurea, cominciò le sue ricerche in questo campo insieme a uno straordinario professore di nome Giuseppe Levi e a un gruppo eccezionale di scienziati. Erano nel bel mezzo di un’importante ricerca quando un crudele dittatore promulgò una legge: gli ebrei non potevano lavorare all’università. Rita fuggì in Belgio insieme al professore, che era ebreo come lei. Ma quando i nazisti invasero il Belgio, dovette fuggire di nuovo e tornò in Italia. È difficile lavorare come scienziata quando devi nasconderti in continuazione e non hai accesso a un laboratorio, ma Rita non si arrese. Trasformò la sua camera in un piccolo laboratorio di ricerca. Affilò gli aghi da cucito per creare strumenti chirurgici e sistemò un piccolo tavolo operatorio di fronte al letto, che usava per dissezionare i polli e studiare le cellule al microscopio. Quando la sua città fu bombardata, Rita fuggì un’altra volta, e poi un’altra volta ancora. Di nascondiglio in nascondiglio, tuttavia, qualunque fossero le difficoltà e ovunque si trovasse, continuava a lavorare. Per la sua opera nel campo della neurobiologia, Rita ricevette il Nobel per la medicina: la terza persona della sua classe di medicina a ottenere questo risultato!
L’ha ribloggato su Alessandria today.
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In un mondo occidentale dove il patriarcato è morto, secondo me sarebbe bene insegnare alle proprie figlie che la vera eroina è la mamma che nonostante un lavoro lungo, alienante e faticoso, nonostante il mutuo strappato ad uno stipendio da fame, trova ancora il tempo per una buona cenetta e le coccole…
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